LECCE – Mentre per un centinaio di No Tap è arrivata la dura sentenza (67 condanne e 25 assoluzioni) per i disordini tra il 2017 e il 2019, la multinazionale celebra “il primo miliardo di metri cubi di gas naturale consegnato in Europa”, con dichiarazioni soddisfatte dei vertici che mettono in rilievo il ruolo strategico dell’infrastruttura ai fini, tra l’altro, della diversificazione delle fonti energetiche.
“Dopo l’avvio delle prime forniture di gas dall’Azerbaijan a fine dicembre 2020, i volumi di gas in arrivo in Europa attraverso TAP hanno raggiunto il primo miliardo di metri cubi, registrati in questi giorni presso il punto di interconnessione di Kipoi, dove TAP si connette al gasdotto TANAP (Trans Anatolian Pipeline) al confine tra Grecia e Turchia. Come tratto europeo del Corridoio Meridionale del Gas, TAP ha la capacità di trasportare circa 10 miliardi di metri cubi annui, raggiungendo numerosi mercati di destinazione in Europa. Il gasdotto è inoltre progettato per una potenziale espansione della propria capacità fino a 20 miliardi di metri cubi annui”, fa sapere Tap.
“Con 1 miliardo di metri cubi di gas trasportato in piena sicurezza – dichiara il managing director Luca Schieppati – la nostra infrastruttura continua a rafforzare la diversificazione e la sicurezza di numerosi mercati europei. I volumi di gas consegnati da TAP rivestono un ruolo chiave nel garantire all’Unione Europea una nuova fonte di energia sicura, affidabile e competitiva, contribuendo allo stesso tempo al percorso di transizione energetica del continente”.
Inoltre, per quanto riguarda i lavori nella zona del contestato approdo salentino, la multinazionale qualche giorno fa ha divulgato la notizia relativa “all’avvio della campagna di riconsegna dei terreni ai legittimi proprietari, ultimo passaggio necessario a restituire il territorio nelle medesime condizioni in cui TAP lo ha trovato prima di iniziare i lavori. I proprietari dei terreni potranno disporne in base alle loro necessità, rispettando alcune indicazioni fondamentali per garantire la sicurezza e l’integrità del gasdotto”.
Si tratta, come evidenziato, “di una fase importante e delicata per assicurare l’esercizio sicuro del gasdotto, nel quale i flussi di gas scorrono ininterrottamente dal 31 dicembre scorso”. Ad accompagnare tale fase una campagna di sensibilizzazione sulle corrette pratiche di gestione delle attività in prossimità della condotta dal nome “Prima chiami, poi scavi” che comprende affissioni, post sui canali social di TAP, un pieghevole con linee guida per lo svolgimento in sicurezza delle attività lungo il percorso del gasdotto e un video tutorial che mostra le attività ammesse e non ammesse.
TAP utilizza, ha precisato, “processi di monitoraggio 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e conduce regolarmente controlli e manutenzioni dell’infrastruttura lungo tutto il percorso del gasdotto, tra cui ispezioni visive in situ, sorvoli aerei, protezione catodica e un controllo costante in remoto dell’integrità della condotta e dei flussi di gas in transito dalla sala di controllo del PRT di Melendugno. Allo stesso tempo, saranno altrettanto importanti il contributo e la collaborazione di tutte le persone, delle imprese e degli enti coinvolti a vario titolo in eventuali lavorazioni lungo l’asse della condotta. Ogni attività intrapresa deve essere effettuata in completa sicurezza, attenendosi ad alcune regole e avvisando preventivamente TAP attraverso il numero verde dedicato 800 484 484”.
Per quanto riguarda lo stato dei luoghi, “sono tornati al loro posto, in ottima salute e georeferenziati, 828 ulivi originari, tra cui alcuni monumentali, che durante i lavori sono stati custoditi e curati nei canopy a Masseria del Capitano. Gli altri ulivi, che sono stati abbattuti come disposto dalle autorità fitosanitarie poiché affetti da Xylella, sono stati sostituiti da 930 nuove giovani piante, di varietà resistenti al batterio. Quelli dell’area del microtunnel sono stati i primi ulivi ad essere espiantati, nell’aprile del 2017, e sono stati gli ultimi a tornare nella loro posizione originaria. Sono quelli che meglio di tutti si sono conservati, perché essendo stati rimossi per primi sono sfuggiti alla diffusione della Xylella nell’area di progetto e grazie alla protezione e alle cure ricevute nei canopy si sono mantenuti sani e in forza”, fa sapere la multinazionale.
Inoltre, “TAP – si aggiunge – ha completato il ripristino dei muretti a secco interferiti dal gasdotto, prevedendo sin dalla fase di smontaggio l’impiego di maestranze specializzate e di una squadra di archeologi per verificare l’eventuale presenza di reperti e documentare le strutture, riscontrando la coerenza dei ripristini con le condizioni ante operam. I circa 120 muri a secco che incrociano il tracciato del gasdotto sono stati catalogati, numerati e documentati e successivamente smontati, divisi per sezioni costruttive e stoccati in pallet delle dimensioni di 1 metro cubo, per essere poi rimontati nelle medesime condizioni precedenti alla realizzazione dell’opera”.
Si ricostituisce pertanto, stando a quanto comunicato da Tap, “l’assetto paesaggistico e architettonico del territorio. A Masseria del Capitano, proprio dove fino a poche settimane fa sorgevano i canopy a protezione degli ulivi, sono stati piantati alberi e arbusti che daranno vita ad una nuova area boscata di oltre due ettari che, grazie a un ulteriore investimento di TAP, sarà fruibile al pubblico con un sentiero dedicato. Al netto dei ripristini, sono state messe a dimora circa 12.000 nuove piante autoctone, in un’area in cui la copertura forestale attuale è molto bassa e si aggira intorno all’1% del patrimonio provinciale”.
Una versione confutata dagli attivisti: “Non è tornato proprio nulla come prima”, asseriscono. La restituzione dei terreni nella disponibilità dei proprietari, ad esempio, comporta – evidenziano – “molte limitazioni”. Perché “non si potrà costruire, sarà problematico coltivarli e difficilissimo venderli. Chi lo comprerebbe un terreno con un gasdotto nel mezzo?”.
Inoltre, sottolineano, non c’è solo un problema di “aspetto”, ma di “percezione del pericolo, di convivenza con un mostro criminosamente esentato dalla direttiva Seveso”. I No Tap ricordano pure come la popolazione abbia “subito solo zone rosse ancor prima del covid, criminalizzazione e limitazione della libertà di espressione del pensiero”. Una condizione, affermano, che non potrà mai essere riparata da ristori e compensazioni da parte di Tap e Snam.