La testimonianza di Mimmo Leone, infermiere al Perrino: “Felice di aver ricevuto il vaccino, fiducia nella scienza”

La testimonianza di Mimmo Leone, infermiere al Perrino: “Felice di aver ricevuto il vaccino, fiducia nella scienza”

LEVERANO/BRINDISI – “Sto bene, non ho avuto nessun problema in sede di iniezione e non sono diventato blu”. Ironizza ma non troppo Mimmo Leone, infermiere 35enne originario di Leverano in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi che ieri ha avuto la sua dose di vaccino nell’ambito della campagna nazionale contro il coronavirus.

Tra 20 giorni (21 giorni a partire da ieri) riceverà l’altra, come da protocollo, per conquistare l’immunità contro il covid che l’ha colpito di persona, a maggio, dandogli sintomi lievi. “Ma un amico è finito in Rianimazione e mi ha raccontato che è come avere la sabbia nei polmoni”, dice. Una sensazione terribile come pure il vivere isolati da tutto e tutti. “Forse bisognerebbe ascoltare le testimonianze di chi l’ha avuto, il coronavirus, e non fare della tifoseria sul vaccino. Si tratta di un problema che riguarda la salute pubblica”.

Lui, Mimmo, è felice di averlo ricevuto e consiglia a tutti di avere fiducia nella scienza e non dare credito a fantasie circa improbabili microchip che verrebbero impiantati, secondo teorie in voga in ambienti complottisti: “Non siamo degli sprovveduti, ma dei professionisti, che abbiamo letto e studiato l’argomento. Peraltro si firma un consenso informato e in quel documento è scritto cosa contiene il preparato dalla Pfizer Biontech e come è stato testato”.

Mimmo fa l’infermiere da dieci anni, ha lavorato anche al nord e ha scelto l’emergenza-urgenza come ambito di operatività. Ha visto malati covid ma quotidianamente viene a contatto con la sofferenza, il dolore e lo smarrimento di chi, magari, ha subito un incidente grave. “Devi agire subito e nel migliore dei modi”, spiega. Senza esitare ma senza neppure essere avventati. A partire da quando si fa il triage al paziente appena giunto. Si tratta di capire, senza sapere nulla e senza avere a disposizione esami clinici o radiografie, quale sia il livello di criticità. “Bisogna avere sangue freddo”, ammette Mimmo. “Ma siamo professionisti, siamo stati preparati per affrontare queste situazioni. Le posso dire una cosa? La mia esperienza a Monopoli mi è servita tanto, lì ho trovato una vera e propria famiglia, mi hanno insegnato tutti molto e sono ancora in contatto con i colleghi”.

Un lavoro di squadra, quello in pronto soccorso. E la velocità permette di salvare vite. “Quando stabilizzi un paziente ti senti utile”, racconta. Ma l’esistenza da professionista sanitario in tempo di covid richiede molti sacrifici.
“Non frequento i miei amici da mesi, non vedo i miei genitori se non raramente, con la mascherina addosso e solo nel giorno in cui eseguo il tampone di routine”, spiega. Avere avuto il covid non esime, infatti, da rischi e controlli. E pertanto la soglia di attenzione deve mantenersi al massimo livello. Con il vaccino si potrà, certamente, avere contatti ravvicinati con gli altri. L’auspicio di tutti è di poter tornare agli abbracci senza il timore di contagiare qualcuno.

“Ma la strada è lunga – avverte Mimmo – per raggiungere l’immunità di gregge occorre che sia vaccinata un’ampia fetta di popolazione”. E prima di allora rimangono in vigore tutte le disposizioni del caso: igiene frequente delle mani, mascherina anche in famiglia, distanziamento. Nel frattempo, fiducia nella scienza e buoni esempi. A partire da quello di Mimmo che non ha esitato a vaccinarsi e incoraggia tutti a fare altrettanto quando arriverà il momento.

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