LECCE – Anche Lecce ha alzato la sua voce contro la follia della guerra in Ucraina. Associazioni, organizzazioni sindacali, cittadini e istituzioni si sono ritrovati stamattina in piazza sant’Oronzo.
Una manifestazione pacifica e colorata per dire un “no” corale contro la guerra scatenata dall’attacco russo. Si è trattato di una mattinata per sottolineare il valore dell’umanità, della fraternità, della pace, che si è riscoperta fragile in un continente che pensava di essere ormai al riparo da certe dinamiche.
La popolazione ucraina inerme si ritrova a vivere in questi giorni sulla sua pelle rivendicazioni e rigurgiti nazionalisti mai caduti nell’oblio, oltre che giochi geostrategici di grande complessità. La storia non ha insegnato molto, fantasmi del passato tornano ad aggirarsi per l’Europa.
Da una parte la Russia che con il numero uno del Cremlino Putin asserisce di voler difendere le vessate popolazioni del Donbass e guarda con occhio malevolo all’allargamento della Nato ad est che eserciterebbe pressione ai suoi confini, dall’altra, appunto, la Nato che disegna l’espansione – impossibile negarlo – della sua sfera di influenza. In mezzo la popolazione ucraina inerme, terrorizzata, attonita e sconvolta dalle bombe e dalla paura. Ma sempre fiera, come dimostra la strenua resistenza di Kiev.
Attualmente la Nato però non interviene militarmente e non lo può fare, mancano i presupposti giuridici perché scatti l’art. 5, concetto perlopiù ignorato dai soliti leoni da tastiera, trasformatisi da virologi a politologi nel giro di una notte. Una notte che ha cambiato le sorti dell’Europa. L’Occidente si affida dunque ad altre misure. Ed ecco che la guerra diventa una faccenda di tutti, non solo dal punto di vista umanitario, con il dovere dell’accoglienza nei confronti di chi fugge dal conflitto, ma anche dal punto di vista economico. Perché quella scoppiata nel cuore dell’Europa è anche una guerra per le risorse – grano e gas in primis – e l’Europa, Italia compresa, pagherà anch’essa il prezzo delle durissime sanzioni adottate dall’Occidente in risposta allo sconsiderato, ingiustificabile, feroce attacco a tenaglia della Russia all’Ucraina.
In molti in questi giorni – Romano Prodi tra questi – legittimano perciò il Tap, il tubo che sbuca a Melendugno, come un’opera strategica che funge da strumento contro la dipendenza dal gas russo. I no Tap hanno però una visione differente della faccenda, ritenendo l’opera inutile e dannosa. Oltre che impattante per il luogo, a differenza di quanto non dica sul punto la narrazione politicamente corretta. Il Salento, pertanto, è solo geograficamente lontano dall’Ucraina. I colpi di artiglieria non arrivano, gli echi della battaglia per il gas invece sì.
Oggi, intanto, associazioni, organizzazione sindacali (Cgil – Cisl – Uil), cittadini, rappresentanti delle istituzioni hanno detto “no” a una guerra assurda e surreale. E non è detto che non accada nulla, basti pensare allo scatto simbolo di Tienanmen: un ragazzo, solo, contro i carri armati dell’Esercito cinese.
Fonte foto: Cgil Lecce