LECCE – Da lavoratore interinale (prima con Obiettivo Lavoro poi con Manpower) a lavoratore subordinato a tempo indeterminato. Ha vinto la sua battaglia, dopo aver sottoscritto ben 111 contratti di somministrazione, un driver della Nardò Technical Center che si è rivolto alla Cgil ed al giudice del Lavoro per vedersi riconosciuti i suoi diritti.
Secondo la Corte d’Appello di Lecce (presidente Daniela Cavuoto, estensore Maria Grazia Corbascio), l’azienda di Nardò non avrebbe richiesto all’agenzia interinale la semplice somministrazione a tempo determinato della manodopera di un lavoratore, genericamente rispondente ai requisiti tecnici di un determinato livello di inquadramento contrattuale. Piuttosto avrebbe richiesto la somministrazione di uno specifico lavoratore per circa tre anni e mezzo: l’azienda insomma, avrebbe manifestato la volontà di avere proprio le sue prestazioni professionali, non essendo però disposta a stabilizzarlo o assumerlo alle sue dipendenze.
Così avrebbe trovato più conveniente sottoporre al lavoratore 111 (centoundici) contratti di somministrazione di breve durata, che a volte scadevano il venerdì e ripartivano il lunedì successivo. “Apparentemente un’operazione legittima dal punto di vista dell’autonomia privata, ma che in realtà è fraudolenta. Identificare un singolo lavoratore manifesta chiaramente la rilevanza dell’intuitu personae, scrivono i giudici: ossia l’aspetto fiduciario e le specifiche qualità professionali del prestatore di lavoro”, si afferma in una nota dell’organizzazione sindacale.
Ntc, in sostanza, avrebbe quindi adottato un comportamento proprio del datore di lavoro relegando ad un piano meramente formale e strumentale l’apporto dell’agenzia interinale. Secondo la Corte d’Appello di Lecce il comportamento dell’azienda neretina configurerebbe quindi l’elusione del divieto di interposizione di manodopera.
“L’adozione formale dei meccanismi del contratto di somministrazione di lavoro, quando è finalizzata a scegliere il prestatore intuitu personae, assume quindi carattere fraudolento perché viola il divieto di interposizione e, nel contempo, elude il sistema di norme imperative che presidia il contratto a termine, così incorrendo nella sanzione della nullità. Tanto, anche in coerenza con i principi generali espressi dalla normativa comunitaria che ha tra i suoi obiettivi quello di prevenire l’abuso del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale”, spiega l’avvocato Francesca Cursano, che ha seguito il lavoratore insieme a Fiom-Cgil e Nidil-Cgil.
La Corte d’Appello ha quindi annullato l’ultimo contratto in somministrazione del lavoratore e riconosciuto la sussistenza di un rapporto di tipo subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 2015. Ntc è stata anche condannata al pagamento di una indennità pari a 5 mensilità in base al terzo livello del contratto collettivo nazionale metalmeccanico in cui è stato inquadrato il driver per decisione dei giudici. L’azienda dovrà poi pagare le differenze retributive tra il livello precedentemente applicato e l’attuale, oltreché le spese legali.