TARANTO – È una sentenza storica quella che certifica il “disastro ambientale” compiuto dall’ex Ilva dei Riva ai danni della popolazione tarantina. Ventisei le condanne che arrivano al termine del primo grado di giudizio del processo Ambiente Svenduto e che riguardano sia i vertici del colosso siderurgico, sia la parte politica, accusata di aver prestato il fianco alle esigenze di profitto dei Riva.
Ex Ilva, verdetto pesantissimo
Ed ecco il verdetto, pesantissimo: 22 anni di reclusione per Fabio Riva, 20 per suo fratello Nicola, 21 anni e 6 mesi per Girolamo Archinà, ex responsabile ai rapporti istituzionali e uomo chiave del sistema azienda messo in piedi dai Riva.
E non è finita qui: nel vortice delle condanne e di quel dispositivo lungo ben 83 pagine finiscono pure l’ex governatore della Regione Nichi Vendola e l’ex direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato. Per loro la sentenza parla, rispettivamente, di 3 anni e mezzo per concussione aggravata e di 2 anni per favoreggiamento. Il primo è accusato di aver fatto pressioni sul dg di Arpa Puglia Assennato, il secondo di favoreggiamento nei confronti di Vendola.
Le reazioni di Vendola ed Emiliano
E Nichi Vendola, il pasionario della politica regionale, il propugnatore della primavera pugliese, non ci sta. Per stare ai fatti, fu proprio nel decennio di governo Vendola che si colloca la prima legislazione di tutela della salute pubblica, contro la diossina, di cui però, sempre per rimanere ai fatti, le associazioni ambientaliste rivendicano la piena paternità. L’ex presidente ha parlato di “giustizia che calpesta la verità”, asserendo che “è come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova”. Ancora, per Vendola, la sentenza di ieri è “una mostruosità giuridica, avallata da una giuria popolare”, che “colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno mai preso neanche una lira, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto le leggi più avanzate d’Italia contro i veleni industriali”. Poi annuncia ricorso in appello.
Un “punto di non ritorno” la sentenza di ieri sull’ex Ilva dei Riva, secondo l’attuale presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che, in una nota, afferma: “La giustizia ha finalmente fatto il suo corso accertando che i cittadini di Taranto hanno dovuto subire danni gravissimi da parte della gestione Ilva facente capo alla famiglia Riva. I delitti commessi sono gravissimi e sono assimilabili a reati di omicidio e strage non a caso di competenza della Corte d’Assise al pari di quelli per i quali è intervenuta la pesantissima condanna”. Tuttavia, aggiunge, “Siamo consapevoli che la Regione Puglia dal 2005 in poi è stata l’unica istituzione ad aver concretamente agito per fermare quella scellerata gestione della fabbrica, almeno fino a quando non è stata estromessa per legge da ogni possibilità di intervento sui controlli ambientali, con leggi nazionali che hanno fatto eccezione alle regole in vigore per il resto d’Italia”.
Incertezza sul futuro
Ora il futuro dello stabilimento è quanto mai incerto. Per l’area a caldo è stata disposta la confisca ma con facoltà d’uso agli attuali gestori – Acciaierie Italia, nata dall’accordo Invitalia-Arcelor Mittal per cui al momento nulla cambia nella produzione. Per avere un quadro più chiaro della faccenda occorrerà aspettare appello e Cassazione, essendo state quelle di ieri sentenze sì pesantissime e storiche ma non definitive. Parallelamente alla giustizia penale si sta muovendo anche quella amministrativa e c’è attesa per una sentenza del Consiglio di Stato sullo spegnimento.