LECCE – “Avanti nonostante tutto”, così il movimento No Tap reagisce al giudizio pronunciato ieri nell’aula bunker del carcere di Lecce in relazione ai disordini registrati tra il 2017 e il 2019.
Questi i numeri: 67 le condanne (a pene comprese tra i 6 mesi e i 3 anni) e 25 assoluzioni. Tre i procedimenti giudiziari finiti all’attenzione del giudice Pietro Baffa e 92 le persone a vario titolo coinvolte.
“Ci troviamo qui a dover commentare ancora una volta la criminalizzazione messa in atto da un apparato repressivo che coinvolge lo Stato a diversi livelli, con la complicità di una certa stampa che, senza essere presente a nessuna delle udienze, è stata pronta a giudicare, arrivando a definire “esito finale” quello che è solo il primo grado di giudizio”, dicono ora gli attivisti. che non nascondono l’amarezza.
“Tutto questo sembra un accanimento contro il diritto al legittimo dissenso nei confronti di un’opera inutile, dannosa e imposta, presentata come strategica, che invece di strategico ha solo il raschiare il barile dei fondi europei”, commentano.
“Siamo rimasti attoniti, nonostante fossimo preparati all’esito, quando il giudice leggendo i dispositivi delle sentenze ha emesso condanne che, nella maggior parte dei casi raddoppiavano, e talvolta triplicavano, le richieste del PM. Si tratta di condanne che variano da un minimo di un mese a un massimo di 3 anni e che vedono coinvolti 86 attivisti. Pene severissime, se si pensa che molte delle impostazioni riguardano reati che vanno da oltraggio a p.u., a lancio di ciclamini o uova, a resistenza a p.u.”, sottolineano.
Diversi gli episodi, nei vari filoni, su cui il giudice si è pronunciato, dalla violazione del divieto d’accesso nella aree adiacenti il cantiere Tap il 9 dicembre 2017 al lancio di uova contro la sede della multinazionale e gli agenti di polizia, alle offese indirizzate al leader della Lega Matteo Salvini in occasione della sua visita in Salento nel febbraio 2018, alle barricate umane volte a impedire ai mezzi di Tap di accedere al cantiere.
“Oggi ho la netta, chiara, inequivocabile, impressione che il giudice abbia voluto punire, con sentenze e condanne molto, molto, molto severe e dare una esemplare lezione a tante cittadine e tanti cittadini (circa un centinaio), per la stragrande maggioranza incensurati e senza alcun precedente, per essersi permessi di cercare di contestare decisioni imposte e prese in luoghi lontani da qui. Hanno riconosciuto per loro tali e tante tipologie di reati, non proprio da considerare preoccupanti, per i quali finanche la procura aveva addirittura chiesto l’assoluzione o la condanna per meno della metà dei periodi effettivamente inflitti poi in sentenza”, la dichiarazione del sindaco di Melendugno Marco Potì, che ha espresso “solidarietà” e “vicinanza” agli attivisti. “Continuiamo a sperare – il suo commento conclusivo – in una giustizia giusta. Continuiamo a sperare che sia sempre possibile manifestare il proprio dissenso. Continuiamo a crederci ed a non mollare. Per l’Italia. Per la democrazia. Per il futuro”.