LECCE – Sono 28.506 le posizioni lavorative nel turismo in provincia di Lecce, con una retribuzione media annua di appena 6.460 euro. Lo studio prende in esame tutti i lavoratori dipendenti nelle attività della provincia di Lecce che operano nei settori dell’alloggio e della ristorazione. Il lavoro di ricerca e di approfondimento, condotto dal data analyst Davide Stasi, accende i riflettori sulla durata dei contratti stipulati (a tempo determinato, indeterminato o stagionale) e sulle retribuzioni percepite dai salentini, confrontandole con le medie regionale, meridionale e nazionale. E il quadro è sconfortante e fornisce una prima, parziale risposta, supportata dai dati, al problema della presunta irreperibilità della manodopera emerso in questi ultimi giorni.
Emerge subito il forte divario tra le buste paga tra i diversi inquadramenti lavorativi, ma anche tra il numero medio di giornate retribuite. In dettaglio, il reddito medio di un operaio, che è l’inquadramento più diffuso, è di 6.026 euro, quello di un impiegato è di 13.422 euro, quello di un apprendista di 6.304 euro, quello di un quadro o dirigente arriva a 52.770 euro.
Sempre a livello provinciale, il numero medio di giornate retribuite è di 130 per un operaio; di 192 per un dipendente; di 156 per un apprendista e di 268 per un lavoratore quadro o dirigente. Il numero medio di giornate retribuite si ferma, dunque, a 135 giornate all’anno, contro una media regionale di 144, una media riferita alle regioni del Mezzogiorno che sale a 148 e una media nazionale che arriva a 177.
Riguardo alla durata dei contratti, in provincia di Lecce soltanto il 31,3 per cento ha stipulato un contratto a tempo indeterminato e, in questi casi, la retribuzione media sale a 10.580 euro. Il 68,7 per cento, invece, ha un contratto a tempo determinato o stagionale e, in questi casi, la retribuzione media scende ad appena 4.580 euro.
«Il turismo – dice Davide Stasi – è un comparto che nel Salento è ancora molto condizionato dalla stagionalità. Pandemia a parte, anche negli anni precedenti, il turismo si è rivelato un settore che ha dato buoni risultati solo nel periodo che va dalla tarda primavera alla fine della stagione estiva. Lo confermano il numero medio di giornate retribuite: solo 135 giorni all’anno, pari a 4 mesi e mezzo. Durante l’estate si moltiplicano gli arrivi nel Salento, ma le aziende non riescono a sfruttare appieno questa opportunità, perché la loro redditività resta ancora troppo bassa ed è questo il tema cruciale da affrontare. Intraprendendo un percorso sostenibile, sia dal punto di vista finanziario che da quello ambientale, occorre perseguire un modello di sviluppo che possa far incrementare i ricavi e gli utili aziendali. Solo così si potranno prevedere nuovi investimenti e, conseguentemente, creare occupazione stabile e non a tempo determinato o solo stagionale”.
Il dibattito, secondo Stasi, non deve ruotare solo attorno al maggiore afflusso di altri visitatori, quanto sugli strumenti da utilizzare per rafforzare il tessuto economico locale. “Se a fronte di migliaia e migliaia di arrivi non si riscontrano ritorni economici altrettanto eclatanti, allora vuol dire che il modello di fare impresa non è redditizio come dovrebbe. O meglio, vuol dire che la nostra offerta turistica non è così matura da garantire buoni profitti. Per competere sul mercato, le imprese turistiche hanno bisogno di investimenti, delle opportune competenze manageriali e gestionali, nonché di un’adeguata formazione del personale“. “Il nostro vero punto di forza, cioè l’offerta artistica, culturale, paesaggistica e naturalistica, è indebolito da una serie di criticità, tra cui la poca preparazione del personale nell’accoglienza dei visitatori, soprattutto se stranieri, la pesante tassazione a carico delle aziende, un quadro normativo incerto e un livello dei prezzi tali da non poter garantire servizi di qualità”, analizza Stasi.
In Puglia, le posizioni lavorative, nei settori dell’alloggio e della ristorazione, sono 112.187. L’ammontare delle retribuzioni è stato di 757.751.048 euro (758 milioni di euro) nell’anno 2019, per una retribuzione media di 6.754 euro. Nel Mezzogiorno, ci sono 351.505 posizioni lavorative nel settore preso in esame. L’ammontare delle retribuzioni è stato di 2.496.510.462 euro (2,5 miliardi di euro). La retribuzione media è di 7.102 euro. In Italia, le posizioni lavorative del settore sono 1.780.267. L’ammontare delle retribuzioni è stato di 17.482.719.410 (17,5 miliardi di euro). La retribuzione media è di 9.820 euro.
Il commento di Filcams Cgil
A commento di tale quadro sconfortante interviene Mirko Moscaggiuri, segretario generale provinciale Filcams Cgil: “Colpisce nell’analisi statistica – rileva il sindacalista – la suddivisione delle mansioni. Le posizioni Inps (parliamo dunque di lavoro contrattualizzato) aperte sono 28.506: il 90,3% è composta da operai, il 4,4% da apprendisti, il 5,3% da impiegati ed appena lo 0,1% i quadri e i dirigenti. Appena 18 dirigenti per le 5.534 imprese turistiche salentine: “Questo dato la dice lunga sulla corretta applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro, è sintomatico del fenomeno del sottomansionamento (e il numero esiguo dei quadri è emblematico). In molti casi ai camerieri si offrono contratti da addetti alle pulizie ed evidentemente ai dirigenti contratti da impiegati”, prosegue Moscaggiuri. “C’è poi da distinguere tra lavoratori stagionali ed a tempo determinato, spesso falsi part-time che devono lavorare ben oltre l’orario contrattuale, rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. Gli operai stagionali (il 64,6% del totale) guadagnano in tutto 4.398 euro lordi per tre mesi di lavoro in cui spesso non hanno orari. E che dire del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato? Sono appena 9mila: ossia 1,61 ad impresa, una media compensata da una marea di precari (quasi 20mila). In un caso o nell’altro i conti non tornano: troppo pochi i lavoratori per la mole di flussi turistici generati nel 2019. Il che ci riporta ad un altro grave problema: il ricorso massiccio al lavoro nero”.