LECCE – È stato pubblicato sulla rivista scientifica “PRL – Physical Review Letters” un risultato di DAMPE – DArk Matter Particle Explorer, esperimento lanciato in orbita nel dicembre 2015 dall’Agenzia spaziale cinese con l’obiettivo di cercare la sfuggente “materia oscura”.
Al risultato ha contribuito in modo particolare Margherita Di Santo, che nel febbraio scorso ha conseguito il dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell’Università del Salento. La sua tesi ha riguardato proprio l’analisi dei dati di DAMPE sul flusso di elio. Hanno supervisionato la ricerca Antonio Surdo della sezione di Lecce dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Giovanni Marsella del Dipartimento UniSalento.
All’attività di DAMPE in UniSalento contribuiscono anche il docente Paolo Bernardini, coordinatore del gruppo di lavoro elvetico-italo-cinese, e i ricercatori Francesco de Palma e Antonio De Benedittis.
«In oltre cinque anni DAMPE ha raccolto una gran mole di dati di valore scientifico», spiega il professor Bernardini, «L’odierno articolo sull’elio nei raggi cosmici è stato preceduto da due altre fondamentali pubblicazioni sul flusso di elettroni e positroni (Nature 552, 2017) e su quello dei protoni (Science Advances 5, 2019). Questi articoli hanno generato grande interesse nella comunità scientifica, perché misure tanto accurate permettono di verificare la validità dei modelli sulla generazione dei raggi cosmici e sulla loro diffusione nella galassia».
L’esperimento DAMPE è reso possibile grazie a una collaborazione internazionale che raccoglie oltre 100 tra fisici e ingegneri. Vi partecipano l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), cinque tra università ed enti di ricerca cinesi, tutti collegati all’Accademia Sinica (Chinese Academy of Science), le Università del Salento, di Bari, Ginevra, Perugia e il Gran Sasso Science Institute.
L’esperimento DAMPE e il contributo italiano
DAMPE è un satellite per la ricerca scientifica in orbita attorno alla Terra dal 2015. Uno dei componenti chiave del rivelatore è il cosiddetto “tracciatore”, il cui compito è ricostruire la direzione di arrivo dei raggi cosmici. Costituito da strisce di silicio e fogli di tungsteno, il tracciatore è stato realizzato in Italia. L’esperimento ha un peso di 1400 kg mentre tutto il satellite pesa circa 1900 kg. Il contributo italiano alla realizzazione e alla conduzione dell’esperimento è stato determinante. Gli scienziati italiani hanno collaborato con i colleghi cinesi e svizzeri nella progettazione, costruzione e messa a punto dell’apparato, hanno coordinato i test dei rivelatori sia in laboratorio sia su fasci di protoni, elettroni e ioni presso gli acceleratori del CERN a Ginevra, hanno contribuito alla scrittura dei software di analisi e di simulazione e sono impegnati nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati.