LECCE – È un territorio fragile, quello salentino, soprattutto dal punto di vista dei servizi che, quando presenti in modo efficiente, migliorano, e di molto, la qualità della vita dei cittadini.
Una carenza che pesa persino di più di quella, altrettanto lacerante, del lavoro. E non c’è da stupirsene poi più di tanto. Perché se si ha una rete di sostegno attorno, pur in mancanza di un’occupazione, è possibile intraprendere un percorso formativo e informativo utile a uscire fuori dal periodo buio. Ma quando mancano anche i servizi, a venir meno è la prospettiva stessa di un futuro.
Investimenti su beni e servizi
È dunque necessario ragionare sulla necessità di investimenti sul sistema di beni e servizi che incrementino la ricchezza diffusa, ancor prima che il capitale privato. Ed è proprio questo quello che emerge dalla ricerca “Abitare il territorio fragile. Benessere, qualità della vita ed economia fondamentale nel Salento” commissionata dalla Cgil Lecce e condotta dall’Università del Salento.
Il report, frutto dell’analisi condotta dai ricercatori del Dipartimento di Storia, società e studi sull’uomo dell’Ateneo in tre comuni rappresentativi dei centri abitati salentini, Lecce, Casarano e Corigliano d’Otranto, con il coordinamento scientifico del professor Angelo Salento, docente di Sociologia economica e del lavoro, è stato presentato stamattina al Chiostro dei Teatini, nel rigoroso rispetto delle norme anticovid.
Presenti la segretaria generale della Cgil Lecce, Valentina Fragassi; il professor Salento (UniSalento); Carlo Salvemini, sindaco di Lecce; Dina Manti, sindaca di Corigliano d’Otranto; il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo. Il sindaco di Casarano, Ottavio De Nuzzo, non ha potuto partecipare per sopravvenuti impegni istituzionali improrogabili.
Ai nostri microfoni, la segretaria generale della Cgil provinciale di Lecce Valentina Fragassi ha risposto su quale sia la sfida, ora, per la Cgil, alla luce dei dati severi emersi dal report, sulla base di questionari somministrati prima della pandemia e, dunque, con una situazione e una percezione probabilmente peggiorate dall’emergenza sanitaria.
“Ci sono ambiti in cui il pubblico non può arretrare, deve anzi investire perché in quella rete di servizi e tutele universali si sostanzia il dettato costituzionale di diritti uguali per tutti. Così al Sud non è mai stato e non è un caso che la gran parte delle risorse comunitarie del Piano Next Generation insistano proprio sul tema della coesione sociale, della riduzione del divario all’interno dell’Europa e quindi in Italia tra Mezzogiorno e Nord del Paese. La risposta sul piano politico può essere solo quella del miglior uso dei finanziamenti, per colmare questo gap e creare assieme opportunità di lavoro e di reddito, che sono le altre emergenze. In questo vuoto di risposte e di solitudine sul piano materiale e sociale, c’è il lavoro che ha fatto e che deve continuare a fare sempre meglio anche il sindacato”: questa la considerazione del segretario regionale Gesmundo che è tornato ancora una volta a sottolineare l’importanza dei corpi intermedi nel dare risposte ai bisogni della società. E, per quanto riguarda gli investimenti da destinare a tale scopo, l’uso ottimale delle risorse del Recovery Fund rappresenta una meta a cui ambire.
Risultati dell’indagine
Dal report emerge che, per i cittadini interpellati, non si può elaborare un modello di sviluppo che non sia sostenuto da un modello di benessere. I beni e i servizi dell’economia fondamentale (ad esempio welfare, reti di distribuzione, forniture di energia), inoltre, emergono come architravi del benessere collettivo. La socialità emerge come un elemento indispensabile del benessere. Al lavoro pubblico e agli enti intermedi, “tradizionali” e non, i cittadini continuano ad attribuire un’importanza basilare per il futuro del benessere nel territorio.