LECCE – Risultava beneficiario del reddito di cittadinanza per un importo di circa 900 euro mensili, una somma che, per molti, tra crisi sistemica e nuova emergenza covid, rappresenta una piccola sicurezza economica.
Eppure il soggetto in questione, un imprenditore leccese, oltre a essere percettore della misura di sostegno, pensata per persone in difficoltà economiche, risultava anche titolare di tre società.
A suo carico è ora scattata una denuncia: i reati di cui è accusato sono truffa, falso e favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato di cittadini di nazionalità extracomunitaria.
Nel mese di agosto scorso, infatti, l’imprenditore avrebbe avanzato richiesta di emersione per 18 cittadini extracomunitari e, in tale circostanza, avrebbe dichiarato dei redditi alti, al fine di poter ottenere il nullaosta per la regolarizzazione.
All’Inps, invece, proprio allo scopo di beneficiare del reddito di cittadinanza, avrebbe dichiarato dei redditi più bassi. L’istanza per ricevere il beneficio sarebbe stata presentata per quattro volte e, alla fine, l’evasione positiva della pratica è avvenuta, stando a quanto emerso dai riscontri, nel mese di ottobre.
I carabinieri, tuttavia, sono riusciti a fare luce sulle sue condotte e per lui è scattata la denuncia alle autorità competenti. Il suo caso è venuto fuori nell’ambito di controlli più ampi finalizzati, tra l’altro, alla verifica del rispetto delle norme anticovid. Ad attuarli, i militari del comando provinciale, insieme ai colleghi del Nil e agli ispettori del lavoro.
Complessivamente sono state 12 le aziende controllate.
A Ugento è stata rilevata un’azienda che avrebbe occupato dei lavoratori privi della prescritta sorveglianza sanitaria e non avrebbe sottoposto gli stessi alla formazione per evitare i contagi da covid-19.
A Porto Cesareo e sul litorale neretino dei committenti non avrebbero verificato i requisiti tecnico-professionali delle ditte che stavano svolgendo lavori e che risultavano non regolarmente iscritte alla Camera di Commercio.
Infine a Nardò un’azienda avrebbe utilizzato le telecamere di video-sorveglianza senza la regolare autorizzazione preventiva della direzione territoriale del lavoro.